La riscoperta della Comunità

“Nessun uomo è un’isola” scriveva John Donne nel suo Devotions Upon Emergent Occasion. Un verso bellissimo che immediatamente ci fa comprendere quanto ciascuno di noi non possa esistere nella sola dimensione individuale ed egoistica ma appartenga a un Tutto, a un insieme di cui siamo parte atomica. Un insieme di cui tuttavia troppo spesso dimentichiamo la consistenza salvo riscoprirla quando ci veniamo a trovare al cospetto di quelle circostanze eccezionali che capitano raramente anche nell’arco di un’intera vita. Oggi, in queste circostanze sconosciute e dallo sviluppo imprevedibile, il ruolo delle campane citate nei versi di Donne che vale la pena riscoprire nella loro interezza, che richiamavano le persone al senso e agli obblighi di appartenenza alla comunità, lo stanno svolgendo le regole restrittive dettate da chi ci governa! Ed ecco che nella dimensione della cattività riscopriamo sentimenti, attitudini, slanci verso una collettività prima sconosciuta e oggi improvvisamente vicina, prossima al punto da mettere in condivisione energie e risorse personali in un fiorire di iniziative tese a donare agli altri contenuti, indicazioni, lezioni, istruzioni utili alla gestione della nuova quotidianità. Ed è un fenomeno trasversale che attraversa ogni disciplina, l’arte, la musica, la letteratura, l’economia, l’informazione, l’istruzione… tutti mettono a disposizione il proprio sapere, la propria esperienza. Descrivendo il mondo che vorrebbe domani, Elena Bernabè su EticaMente qualche giorno fa scriveva: “voglio che ognuno di noi diffonda nel mondo il proprio dono, proprio come sta accadendo ora, dove sono nati corsi, video, iniziative delle più svariate per poter dare un pezzetto di noi, quello migliore, in questa emergenza”. E allora sì, è il momento giusto per superare la vecchia mentalità incentrata sul possesso dei beni materiali, sul piacere di tenere stretto il nostro piccolo capitale, sulla sicurezza data dagli oggetti, anche quando molte delle nostre proprietà sono assolutamente inutili: la nostra auto, per esempio, resta inutilizzata per circa il 90% del suo tempo vita (eppure la produzione di un’auto emette quasi la metà della CO2 del suo intero ciclo vita). Pensate a quanto è possibile aumentare il valore d’uso di un oggetto e dei suoi materiali se lo si condivide. Le aziende più innovative hanno trovato il modo di fare profitto riducendo la produzione e focalizzandosi sui servizi. Nelle imprese, insomma, ci si dovrà sempre più domandare come ricollegare il successo dell’azienda al progresso sociale. E questo non significherà più soltanto la responsabilità sociale, la filantropia, o anche la semplice sostenibilità, ma l’individuazione di un modo nuovo per raggiungere il successo economico in parallelo con il successo sociale. Una delle chiavi, come dicevo, è superare la filosofia “dell’accumulo” e contribuire ad avviare il tempo della “condivisione”. Già da qualche anno un numero crescente di aziende note, si sforza di creare un valore condiviso e contribuire, quindi, a una specie di riconciliazione tra la società civile e le performance aziendali. Agire per-il-Bene, ecco il rivolgimento epocale che stiamo per testimoniare. Io credo che l’economia, che altro non è se non l’arte di reggere e bene amministrare le cose della famiglia e dello stato, si possa raccontare anche come una condivisione di rapporti di scambio, e lo scambio vero avviene solo quando produce prosperità per entrambe le parti. Ecco allora che si potrà parlare di un’Economia Sferica, cioè di una Grateful Economy, un’economia della gratitudine. Se ti interessa approfondire il mio punto di vista, puoi acquistare in prevendita una copia autografata e con una mia dedica speciale  del mio libro “Gratitudine, la rivoluzione necessaria”. Grazie a te, se vorrai condividere con altri questo messaggio, e grato alla vita, anche oggi. Con la speranza che tutto sia vissuto come un dono, un insegnamento, e un’opportunità per contribuire al benessere e all’evoluzione dell’insieme.