La fiducia al tempo della pandemia

Non solo un anno senza precedenti in termini di sofferenze, perdite e incertezze globali, ma, come rileva la nuova edizione del rapporto Edelman Trust Barometer, il 2020 ha anche registrato in tutto il mondo un'epidemia di disinformazione e diffidenza diffusa, nei confronti delle istituzioni e dei leader della società. Il rapporto, condotto con oltre 33.000 sondaggi online in 28 paesi tra ottobre e novembre 2020, ha svelato che la fiducia del pubblico nelle istituzioni sociali, cioè governo, organizzazioni non governative (ONG) e media, si è ulteriormente assottigliata evidenziando contemporaneamente che la maggior parte delle persone ora si affida principalmente ai propri datori di lavoro per ottenere informazioni accurate. Si fida dunque più delle aziende rispetto che del governo e dei media. Durante la presentazione italiana del report, l’Ad di Edelman Italia, Fiorella Passoni, ha evidenziato che nell’anno che dovrà auspicabilmente portarci fuori dalla pandemia, saranno quindi i brand, le aziende, a dover essere capaci di rispondere alla fiducia di cui godono con un linguaggio adeguato a questo delicato momento di transizione. Avranno successo quanti si sono già interrogati sulle proprie strategie di medio e lungo termine, hanno avuto il coraggio di mettersi in discussione e hanno saputo scegliere il loro ruolo nella società lavorando per mettere in evidenza il beneficio che in essa e per essa sapranno apportare in termini valoriali concreti, empatici, resilienti e solidali. Da noi in Italia, la conferma della fiducia riposta nei capi azienda la si capisce anche da un altro dato che emerge dall’indagine: l’89% teme la perdita del lavoro, a fronte del 71% che teme di contrarre il virus. Dunque, l’economia è il nostro primo argomento in uno scenario che vede le due superpotenze, Cina e America, perdere rispettivamente il 18% e il 5% di fiducia. Ma il mondo del business non solo è il settore che attrae più fiducia, quanto è l’unico che con il 61% a livello globale, gode di “trust”. Come c’è riuscito? Secondo il report grazie alla maggiore attenzione con cui sono stati trattati temi essenziali quali la sostenibilità, la collettività e l’etica. Tuttavia, per quanto a mio parere sia un ottimo inizio, è solo un inizio al quale occorre dare un seguito molto consistente pervadendo tutti gli ambiti della nostra vita dove il bisogno di tornare a un sistema di valori condiviso si avverte in modo inequivocabile. Per questo, mentre aspettiamo che il mondo della politica e quello dell’informazione si adeguino convertendosi a questa necessità di rinnovarsi nelle forme e nei messaggi, dobbiamo ripensare alla responsabilità che in tal senso le aziende del nostro presente si ritrovano a dover gestire. È necessario quindi che sappiano cogliere l’importanza del loro compito storico che richiede loro di essere in grado di agire nella società civile come un modello di cambiamento virtuoso, diffondendo con il loro operato una nuova etica fatta anche di pratiche e idee che promuovano quello che possiamo definire come lo sviluppo degli esseri umani e dell’insieme di cui tutti facciamo parte, e che sarà premiato dalla gratitudine. Le aziende più lungimiranti si stanno già impegnando a dare un nuovo approccio “coopetitivo” al business. La concorrenza di mercato deve diventare sinonimo di crescita dell’insieme costituito da tutta la società.