Dai digital nomads alla ecoansiedad: il 2022 a parole

Recentemente abbiamo parlato dell’espressione Goblin Mode, eletta parola dell’anno 2022 in un contest indetto dalla casa editrice dell’Università di Oxford. Ma un anno imprevedibile, contraddittorio e drammatico come quello che sta per concludersi porta in dote numerose altre parole chiave.

Ognuna di esse è un’istantanea dello spirito del tempo. E con ognuna dovremo giocoforza confrontarci anche nell’anno nuovo, cioè nel nostro futuro prossimo. La nostra esplorazione semantica prende le mosse dalla retrospettiva linguistica di Babbel, azienda che propone corsi di lingua in presenza e via app, incentrata su quei termini che registrano significativi aumenti della frequenza di utilizzo, tali da diventare snodi chiave nella lettura e interpretazione della realtà.

 

Above our heads

Il 2022 è certamente un anno di quelli capaci di ricordarci con brutalità quanto i singoli individui possano essere in balìa di accadimenti e modificazioni a livelli talmente macro da essere percepiti quasi come leggi universali, certamente non scalfibili dai comportamenti o dalle scelte individuali. Se da un lato le dodici miliardi di dosi di vaccino anti Covid hanno contribuito alla parziale risoluzione dell’emergenza pandemica, flagello per antonomasia in grado di ricordarci quanto siamo piccoli al cospetto di fenomeni globali, dall’altro la volta di cristallo del livello macro è stata ripetutamente infranta.

A fine febbraio si è spezzato il filo del rapporto pacifico tra Paesi in Europa, con la INVASIONE della Russia in Ucraina. Lo slittamento di senso da termini come “guerra” e “invasione”, usati in Occidente, a “conflitto” e “operazione militare”, dominanti sui media russi e filorussi, raccontano di una nuova cortina che sta calando sugli equilibri mondiali, di veementi contrapposizioni che sembravano anacronistiche e desuete, tornate di colpo ad afferrare la contemporaneità.

 

Tra i vari effetti dell’aggressione russa, la CRISI ENERGETICA che ne è scaturita è stato uno dei tasselli del domino crollati con maggior veemenza. L’aumento dei prezzi di elettricità, benzina e gas ha vessato la popolazione, infrangendo il tacito patto delle società capitaliste tra chi produce e chi acquista, basato su una disponibilità economica degli individui sufficiente a mantenere in piedi l’intero meccanismo. Quando ciò non accade, assistiamo a un altro noto flagello dei periodi di crisi: le speculazioni, selvagge, nelle prime fasi senza filtri né tutele a protezione dello stile di vita degli individui. Quando le organizzazioni statali e sovranazionali intervengono per riequilibrare almeno in parte la bilancia, miliardi sono stati bruciati, tolti ai più e finiti in tasca ai pochi.

La crisi energetica del 2022, e che purtroppo a esso non si limiterà, dovrebbe darci un’idea cristallina di quanto il capitalismo e il concetto di profitto come li conosciamo oggi vadano profondamente ripensati in un’ottica di distribuzione del benessere e di sviluppo di failsafe a difesa delle persone, che di questo sistema economico dovrebbero essere al centro, senza se e senza ma. E che invece sono le prime a pagare pesantemente dazio.

Ne consegue ovviamente la “gonfiatura” dei latini, ossia l’INFLAZIONE, che altro non è che la reazione del sistema a tutela di se stesso e a scapito dell’individuo. Sotto l’albero abbiamo per giunta trovato il rialzo dei tassi di interesse, dunque del costo del denaro: la restaurazione, dopo lo sconvolgimento, è ormai pienamente avviata e il conto ricade su chi vorrà prendere in prestito del denaro per comprare un’abitazione, avviare un’attività, o provare a salvarla.

 

E’ il lavoro che cambia

Ma nonostante tutto, si è continuato a lavorare. O forse no? La GREAT RESIGNATION è il risultato di quella che gli anglosassoni definirebbero wake up call, una sonora svegliata nei confronti delle prassi e consuetudini lavorative. La pandemia ha fatto capire a molta gente che l’equilibrio tra vita privata e lavorativa è un valore chiave, più importante delle possibilità di carriera o perfino del livello di retribuzione. E che il perseguimento di questo equlibrio può anche portare a scelte estreme, come l’abbandono volontario del posto di lavoro tradizionale. Il risultato è stato un anno di dimissioni a valanga, specie nei Paesi anglosassoni, negli USA addirittura al ritmo di quattro milioni al mese.

Lasciare la casa del posto fisso, magari piena di crepe ma pur sempre comune e rassicurante, a beneficio di un nomadismo virtuoso, reso possibile dai mezzi digitali: in molti l’hanno pensata esattamente così, vestendo i panni del DIGITAL NOMAD. Che non vuol dire affatto non lavorare. Vuol dire farlo il più possibile su misura in base alle proprie necessità e inclinazioni, avendo voce in capitolo sull’equilibrio tra lavoro e vita privata, mettendo distanza fisica e psicologica tra se stessi e le distorsioni culturali e motivazionali imposte dalla vita in azienda. Solo negli Stati Uniti sarebbero al momento 10 milioni e il nomadismo non è soltanto un’etichetta per rendere l’idea. Noti anche come “snowbirds”, molti di loro migrano a sud in inverno in cerca di climi più miti, proprio come gli uccelli della neve, avendo come unica conditio sine qua non lavorativa una semplice connessione a internet.

 

Il pianeta chiede il conto

Certo è piuttosto curioso che come individui ci si ispiri alla Natura nel tentativo di riequilibrare il rapporto tra necessità personali e imposizioni lavorative, mentre come collettività si faccia invece di tutto per distruggere quello stesso equilibrio naturale al quale, in una riscoperta di ciò che conta davvero, guardiamo con ammirazione. Ma questo è il 2022, un anno di contraddizioni profonde, ma anche di evidenze ormai innegabili persino dai più stolti, quali gli effetti devastanti del cambiamento climatico.

Per limitarci all’Europa: le WINTERSTURME Zeynep, Ylenia e Antonia, le tempeste di neve con annessi alluvioni che hanno flagellato la Germania con venti fino a 150 chilometri all’ora, hanno causato 1 miliardo e mezzo di danni. La SICCITA’ da record nel nostro Paese ha portato il Po ai minimi livelli storici: insieme al rialzo anomalo delle temperature, ha messo in ginocchio il settore agricolo. Gli INCENDIES in Francia sono stati fuori controllo, con oltre 48 mila ettari di boschi andati in fiamme già ad agosto, rendendo questa parola una delle più menzionate dell’annata transalpina.

In Spagna la storica OLA DE CALOR, con i suoi 42 giorni consecutivi sopra le temperature medie, un record per gli iberici, hanno generato addirittura un neologismo: ECOANSIEDAD, “ecoansia”, la paura sviluppata in relazione ai disastri ambientali, spesso accompagnata da alti livelli di stress, talvolta cronici, indotti dalla preoccupazione per il proprio futuro e per quello delle generazioni che verranno.

Forse è il caso di riprendere fiato, come sostengono gli amanti della SLEEPCATION, crasi di “sonno” e “vacanza” nonché altro termine salito alla ribalta nel 2022 e che descrive l’atto di affittare una stanza in un resort o in un hotel con un obiettivo primario in testa: dormire a oltranza, fino a quando le pile non saranno di nuovo completamente cariche. Consci che ci servirà una certa lucidità per affrontare un futuro prossimo incerto. Dopotutto, il 2023 è in agguato.