Earth Day: le sfide della finanza sostenibile

Giornata Mondiale del Pianeta, Roma, 22 aprile. Mi trovo al Villaggio per la Terra di Villa Borghese per partecipare alla cinque giorni di eventi, incontri e talk dedicati alla salvaguardia del futuro del nostro Pianeta. Un’occasione splendida per condividere i concetti che mi stanno a cuore, quelli di Economia Sferica e di Humanovability. E di ragionare sulla necessità, a mio avviso inderogabile, di ripensare completamente il paradigma, modificando l’idea stessa di profitto, per affrontare le sfide ambientali e energetiche.

Le innumerevoli crisi climatiche che stiamo affrontando richiedono infatti un approccio sistemico, uno sforzo congiunto per convogliare ingenti investimenti nella direzione giusta. Soltanto così saremo in grado di dispiegare efficacemente strategie e best practice capaci di impatti reali. Ne abbiamo parlato nel talk “Finanza più Innovativa, Paese più Sostenibile: il Coraggio del Venture Capital”, di cui trovate un passaggio nel video in apertura di questo post.

 

L’acqua è la sfida del decennio   

I fronti che necessariamente dovranno catalizzare tutta la nostra attenzione e i nostri sforzi sono, lo sappiamo, molteplici. Per citarne uno cruciale, che tuttavia soltanto ora inizia a farsi largo davvero nella sensibilità collettiva, ossia la disponibilità di acqua potabile, basti pensare allo scioccante warning contenuto nel report Turning the Tide A Call to Collective Action, pubblicato dalla Commissione globale sull’economia dell’acqua (The Global Commission on the Economics of Water) e diffuso dal Guardian: Entro la fine di questo decennio la domanda globale di acqua dolce supererà la sua fornitura del 40%”. Una conclusione lapidaria che descrive l’ennesimo, drammatico disequilibrio che dovremo saper fronteggiare e correggere nei mesi e anni a venire.

Anche perché i margini di intervento esistono eccome. “Stiamo assistendo alle conseguenze non di eventi eccezionali, né della crescita demografica o dello sviluppo economico” dicono a chiare lettere i ricercatori autori dello studio, “bensì della cattiva gestione dell’acqua a livello globale, portata avanti per decenni. Come dimostrano la scienza, la siccità e le problematiche che stiamo riscontrando negli ultimi mesi, ora ci troviamo di fronte a una crisi sistemica che è sia locale che globale”.

Ad oggi, su una popolazione globale di 8 miliardi di persone più di 2 miliardi non hanno accesso ad acqua gestita in modo sicuro. Ogni 80 secondi, un bambino al di sotto dei cinque anni muore per malattie legate all’acqua contaminata. La scarsità di acqua, unita all’impennata dei prezzi alimentari, ha fatto precipitare intere comunità del sud del mondo in una condizione di insicurezza alimentare severa.

 

Ripensare l’acqua come un bene comune globale

Il passaggio è di portata epocale: le azioni collettive hanno portato il ciclo globale dell’acqua fuori equilibrio per la prima volta nella storia dell’umanità, causando danni crescenti alle comunità di tutto il mondo. “Abbiamo modificato i cicli delle precipitazioni e non siamo riusciti a proteggere gli ecosistemi di acqua dolce, a gestire la domanda per evitare il sovra consumo, a evitare la contaminazione, a favorire il riciclaggio e a sviluppare e diffondere tecnologie per il risparmio idrico” affermano gli studiosi. “I Paesi sono interconnessi non solo attraverso fiumi o corsi d’acqua sotterranei transfrontalieri, ma anche attraverso i flussi atmosferici di vapore acqueo. E oggi ci troviamo di fronte a un legame sempre più stretto tra l’acqua, il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità.”

La priorità è un cambio di rotta nell’idea stessa dell’acqua come risorsa collettiva. Tutti i Paesi devono iniziare a gestire l’acqua come un “bene comune globale”, perché la maggior parte delle nazioni dipende fortemente dai propri vicini e l’uso eccessivo, l’inquinamento e la crisi climatica minacciano l’approvvigionamento idrico a livello globale. Il direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research, autore principale del rapporto, ha spiegato che la via verso il disastro è stata segnata per colpa dell’attuale mancanza di interesse reale e di azioni collettive concrete ed efficaci sull’acqua. “L’evidenza scientifica è che abbiamo una tripla crisi e per questo abbiamo bisogno di un approccio molto più proattivo e ambizioso”.

Le raccomandazioni chiave formulate dagli esperti esortano a rimodellare radicalmente la governance globale delle risorse idriche, aumentare gli investimenti nella gestione dell’acqua attraverso joint venture tra pubblico e privato, stabilire un prezzo adeguato dell’acqua – eliminando gradualmente i circa 700 miliardi di dollari annuali di sussidi all’agricoltura e alla risorsa idrica, che tendono a generare un consumo eccessivo di acqua e altre pratiche dannose per l’ambiente – e stabilire “partenariati per l’acqua giusta”, adatti a convogliare finanziamenti su ambiziosi progetti idrici, sia nei paesi in via di sviluppo  che in quelli a medio reddito.

Un tema mastodontico quello dell’accesso all’acqua, ma anche una sfida entusiasmante e cruciale, che ci definisce come collettività e finanche come specie. L’abbiamo approfondita nell’episodio “Non è acqua passata” della nostra webserie Pianeta Centodieci, dedicata ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.