What goes around comes around

Solo pochi giorni sono trascorsi dalla fine della 13° edizione del World Business Forum a Milano, e ancora mi risuona l’eco dell’invito che prima dell’estate avevo ricevuto dall’organizzazione: “Sei stato invitato a essere uno dei 12 speakers della prossima edizione e sarai il primo speaker italiano in 13 anni che potrà parlare di idee e non di una case history aziendale”. Parecchi mesi separano giugno e ottobre e li ho impiegati a studiare tantissimo. Nemmeno ai tempi della scuola ricordo un’estate con così tanti libri sotto l’ombrellone. L’ultima settimana poi, la tensione mi si leggeva in volto e potevi scolpirla con la scure. Avrei dovuto parlare subito dopo Steve Wozniak e solo qualche ora prima di personaggi del calibro di Chris Gardner, Felix Baumgartner, Jacques Attali, Oliver Stone. Un Peter Pan in mezzo a giganti con storie incredibili.

E io? Nessuna storia da raccontare! Se non uno stralcio di alcune delle tante idee indagate e studiate in questi ultimi quindici anni. Idee che mi hanno capovolto come un guanto mostrandomi prospettive sulla vita, sulle cose e sulla gente, del tutto inaspettate. Idee che mi hanno consentito piccoli-grandi successi. Idee intarsiate e levigate da altre discipline in cui si misura l’umanità oltre all’Economia (nella quale mi cimento quotidianamente) quali la Filosofia, l’Arte e la Scienza. Idee con un magnetismo particolare. Nulla di mio, soltanto idee che studio, applico, traslo e provo a rigenerare con la mia vita.

Mi sarei affidato alla semplicità. Questo mi sono detto mentre studiavo e fino a un istante prima di salire su quel palco: “Oscar, sii semplice. Sii, per i quarantacinque minuti della durata dello speech, il modello che vorresti vedere nel mondo. Sforzati di essere solo un canale tra una buona idea, che ti è stata insegnata e che hai elaborato, e chi la ascolterà”. E il tempo è volato in uno sprint-maratona di parole (per me) perfettamente organizzate in sequenza.

Ci era stato chiesto di provocare perché PROVOCATORI era il tema dell’evento. Detto che i più grandi provocatori sono i bambini, prima però che a scuola li freghino insegnando loro a colorare dentro i margini, io credo che un ‘provocatore’ sia chiunque realmente intento a rendere questo mondo un posto migliore per tutti. E la storia ci ha finora donato provocatori eccelsi, originali nella loro essenza, ma anche milioni di falsi e impostori. E nell’Economia, disciplina di cui mi occupo principalmente, questa falsità ha retto per migliaia di anni portandoci alla soglia di un declino che oggi grida vendetta. L’etimologia della parola ‘economia’ non ci dà scampo: “Arte di reggere e bene amministrare le cose della famiglia e dello stato”. Ed è quella parola, bene, che non lascia più spazio ai compromessi di questi secoli di storia recente. E’ bene solo ciò che è retto, e il solo profitto ora possibile, in un’epoca dove tutto è soggetto a un giudizio universale, è il Giusto Profitto. E niente al mondo è potente quanto un’idea di cui sia giunto il tempo.

Migriamo dall’Era della dicotomia tra Profit e No-Profit a quella del Right Profit, in cui il profitto, in quanto right, è sia un diritto sacrosanto e inalienabile per un’impresa che a esso univocamente punta, ma è anche right in quanto onesto, giusto e addirittura sano. Significati che non danno più adito a fraintendimenti: è right una qualsiasi forma di profitto che ridia definitivamente all’Uomo il suo ruolo di ‘fine’ e rimetta l’economia nella sua originaria posizione di ‘mezzo’, e non più viceversa.

E le aziende, anello intermedio tra la dimensione individuale e quella comunitaria, potranno spostare l’asse della loro competizione dalle vecchie dinamiche focalizzate su prodotti e target di clienti a nuove modalità che avranno nell’Etica, nei Valori e nei Comportamenti gli asset-guida. Bisognerà sapersi reinterpretare come un ‘dono’ per il mercato, trasformando le proprie vite (personali e aziendali) in un prodotto, e facendo di questo prodotto qualcosa di significativo per l’insieme. E’ l’unico modo ed è il più redditizio, poiché “what goes around comes around”.

Qui potete vedere la mia intervista a Tgcom24

Qui invece il mio intervento integrale al Wobi