Un avvenire vivibile non si costruisce col carbone

Allo scorso Economist Sustainability Summit che aveva per argomento i cambiamenti climatici, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto estremamente preoccupato del fatto che per via della guerra in Ucraina e per bilanciare la carenza delle fonti energetiche russe, si possa tornare addirittura all’uso del carbone rischiando di compromettere gli obiettivi di Parigi.

Più volte nel tempo anche da queste pagine ho sottolineato quanto gli scienziati raccomandino di mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5° C in questo secolo. È questo un fattore fondamentale per limitare i danni causati dal riscaldamento globale, che altrimenti sarebbero irreversibili. Ma per restare in questa soglia è necessario dimezzare entro la fine di questo decennio il ricorso al carbone. Invece, sottolinea Guterres, adesso le emissioni potrebbero aumentare del 14%: una follia poiché dipendere dai combustibili fossili significa far morire la vita su nostro Pianeta.

Stando al nuovo report dell’Ipcc, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, la situazione del riscaldamento climatico è sempre più grave: la soglia degli 1,5 gradi potrebbe essere raggiunta già attorno al 2030, ponendo così la Terra su un percorso ad altissimo rischio. Un ulteriore ritardo nell’azione da parte di governi, aziende e cittadini ridurrà drammaticamente le possibilità di garantire alle future generazioni un “avvenire vivibile”. Céline Guivarch, economista tra gli autori del rapporto, ha spiegato la necessità di operare “trasformazioni su grande scala di tutti i principali sistemi: dall’energia ai trasporti, dalle infrastrutture alle costruzioni, dall’agricoltura alla produzione alimentare”. Cambiamenti che occorre “attuare sin da ora” se si vuole raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di CO2 entro il 2050.

Per questo, ha ricordato il segretario generale delle Nazioni Unite, i Paesi devono accelerare l’eliminazione graduale del carbone e di tutti i combustibili fossili, attuando una transizione energetica rapida e sostenibile. Guterres ha ricordato che le soluzioni alla crisi climatica si trovano principalmente nelle mani del gruppo G20, cioè delle nazioni più ricche, che producono circa l’80% delle emissioni globali. Mentre molti di quei paesi hanno compiuto passi importanti per ridurre le emissioni entro il 2030, ci sono delle resistenze da parte di alcuni, tra cui l’Australia.

L’attacco della Russia contro Kiev ha già spinto numerosi governi a dichiarare la necessità di mantenere in vita, o di riaprire, le centrali a carbone, pur di garantire l’approvvigionamento energetico a cittadini e aziende. Ma “se continueremo così – ha precisato Guterres – possiamo dire addio all’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media globale ad 1,5 gradi centigradi entro la fine del secolo. E anche quello dei 2 gradi potrebbe risultare fuori portata”.

“In questo modo – ha affermato – camminiamo ad occhi chiusi verso la catastrofe climatica”. È del tutto evidente, quindi, che le guerre attualmente in corso, inclusa questa tra Russia e Ucraina, e la crisi climatica sono strettamente connesse. Dobbiamo certamente fare tutto il possibile per sostenere coloro che difendono valorosamente la loro patria contro crudeli aggressori, e anche coloro che fuggono dagli orrori, e alle migliaia di russi coraggiosi che si oppongono pubblicamente al crimine del loro Stato. Ma dovremmo anche cercare di trovare il modo di aiutare una categoria molto più ampia di vittime: l’insieme della vita sulla Terra.

Non siamo in pochi a sostenerlo, tuttavia vorrei che fossimo molti di più a credervi. Dello stesso avviso è certamente Larry Fink, CEO e presidente di BlackRock, il più grande asset manager del mondo, con fondi amministrati per circa 10 mila miliardi dollari, di cui un terzo in Europa, quando afferma nella sua consueta lettera annuale agli investitori, che “tutte le grandi potenze, anzi tutti noi, dobbiamo lavorare insieme per controllare il grande flagello della distruzione ambientale che sta già esigendo un tributo gravoso, presto destinato a peggiorare considerevolmente, a meno che non vengano intrapresi rapidamente grandi sforzi”.