Dilemmi e strategie per una nuova normalità

Per il rientro nelle scuole e nelle università italiane, le regole principali da rispettare contemplano l’obbligo di indossare la mascherina, il distanziamento tra gli studenti di almeno un metro, l’individuazione di percorsi differenziati all’interno degli edifici, l’organizzazione anti-assembramenti degli ingressi e delle uscite e, non ultima per importanza, la pulizia approfondita degli spazi e delle superfici comprensiva di adeguata areazione. Pur non volendo in alcun modo mettere in discussione né il senso né il valore di queste misure per il controllo e la prevenzione della diffusione della pandemia in uno dei luoghi più sacri e nodali del nostro attuale assetto sociale qual è la scuola, non vorrei nemmeno che si raggiungesse quel livello di attenzione quasi ossessivo per la sanificazione tout court a cui pare che siano arrivati gli americani. Il mensile Atlantic racconta che la metropolitana di New York chiude ogni sera per sottoporsi in ogni sua parte all’azione sanificatrice degli antisettici. Cosa che non è mai successa nei suoi 116 anni di vita.  Il giornale si chiede se questa guerra così tanto reclamizzata, mirata a cancellare il virus da tutte le superfici toccabili, nella realtà oltre a essere una inutile perdita di tempo non comporti anche e soprattutto il rischio di trasformarsi in un fattore di distrazione di massa. Visto che stando a quanto la scienza a oggi sappia, il virus Covid-19 si propaga per via aerea mentre invece il contagio attraverso le superfici sembra essere abbastanza raro. E in effetti, come possiamo escludere che focalizzandoci sulla sola igiene non sviluppiamo quel senso di sicurezza che di conseguenza ci espone al rischio maggiore? Come possiamo essere sicuri che investendo molta attenzione sulla sanificazione non rischiamo di distrarci da altre e più efficaci modalità di contenimento del contagio? Il Giappone, per esempio, che non ha seguito le linee guida dell’Oms e si è concentrato sin da subito sulle misure di contenimento degli aerosol, adottando le mascherine sin da subito, insistendo sull’aerazione costante degli ambienti e sconsigliando ai cittadini la frequentazione di spazi chiusi e affollati e le chiacchierate a distanza ravvicinata, ha limitato a mille il numero delle vittime. Eppure, il Giappone ha città molto popolose e una popolazione la cui età media è molto alta. Dunque, ancora una volta emerge l’importanza del fattore “individuo” poiché laddove vi è un governo che indirizza e consiglia vi sono anche cittadini capaci di attendere o decisi a disattendere tali indirizzamenti. In Giappone come ad Hong Kong, altra realtà densamente popolata e dipendente dalla linea metropolitana, per esempio, è stato consigliato di non parlare sul mezzo pubblico utilizzato, proprio per evitare quel fattore contagio. Attenersi al consiglio di non parlare in metropolitana è una scelta individuale che però ha valore collettivo, poiché serve certo a proteggere dal rischio sé stessi ma anche a proteggere gli altri dal rischio che noi comportiamo. In questi giorni in cui nel dibattito pubblico italiano infuria la polemica sulla ripresa in sicurezza della scuola e sulle misure da adottare nei trasporti pubblici, al di là di caldeggiare una sana ventilazione delle aule e dei mezzi pubblici come hanno fatto nei paesi citati sopra, mi chiedo se abbiamo colto la misura del cambiamento che questo nostro tempo ci impone. Se abbiamo maturato in questi mesi la consapevolezza che non è il momento di dividerci impuntandoci l’uno contro l’altro ma di distanziarci solo fisicamente poiché occorre essere uniti nello sforzo comune che a questo punto è duplice: salvaguardare la salute di tutti, nostra e degli altri, dei nostri figli e dei figli degli altri, e assicurare alle nuove generazioni l’istruzione necessaria per il futuro di tutti, il loro e il nostro. Perché, non è mai troppo ripeterlo, quello dell’istruzione è un settore cruciale per qualsivoglia società o organizzazione o stato, guardato tra l’altro anche con molto interesse dal mercato degli investimenti poiché ha prospettive che raccontano molto e molto hanno da dare in termini di opportunità di guadagno: globalmente vale 5 mila miliardi di dollari e si stima che dovrebbe raddoppiare entro il 2030. Fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e l’opportunità di apprendimento per tutti, è non solo il quarto dei diciassette Goals per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu, ma, come ha rilevato l’Ocse, è anche un fattore in grado di aumentare la produttività di un paese e di dare ritorni pubblici e privati più importanti. Le altre nazioni puntano sull'accrescimento del livello di istruzione dei singoli cittadini, il nostro Paese rischia di restare indietro.