Recentemente ho prima ascoltato e poi letto su The New York Times un'intervista fatta a Peter Thiel, il cui titolo ("Peter Thiel e l'Anticristo. ...
Grant propone una spiegazione incentrata sulla fisiologia. In pratica, nei primi periodi di incertezza dati dalla pandemia il sistema di rilevamento delle minacce del nostro cervello, l’amigdala, se ne stava in allerta pronto al combattimento o alla fuga. Poi, appreso quali fossero veramente le pratiche che ci aiutavano a proteggerci, come l’uso della mascherina e la distanza fisica, probabilmente ha sviluppato quel senso di routine che ha alleggerito e assottigliato la paura. A causa del protrarsi della crisi sanitaria, la paura ha quindi lasciato il posto a una condizione cronica di «languishing», che non è altro se non il vuoto tra i due opposti: da un lato la depressione, dall’altro la prosperità. Dunque, questo stato di languore è in sintesi l’assenza di benessere.
Il perdurare di questo stato crea il serio pericolo che potremmo smettere di notare l'attenuazione della gioia o dello slancio. Non ci si accorge di scivolare lentamente nella solitudine e si diventa indifferenti alla nostra stessa indifferenza. Allora cosa possiamo fare al riguardo?
L’antidoto di Grant è nel concetto chiamato «flusso», che consiste in quell'inafferrabile stato che generiamo quando siamo totalmente assorbiti da una sfida significativa, stato in cui il senso del tempo, del luogo e del sé si dissolvono. Durante i primi giorni della pandemia, sostiene, il miglior indicatore di benessere non era l'ottimismo o la consapevolezza, bensì il flusso. Infatti le persone che si sono immerse di più nei loro progetti sono riuscite a evitare di languire e hanno mantenuto così la loro prosperità pre-pandemica.
Come ho avuto modo di scrivere anche nel mio ultimo saggio «Gratitudine, La rivoluzione necessaria», la sfida per i prossimi anni è dunque focalizzata sulla necessità di far fiorire attorno a noi e per noi sempre più prosperità e sempre meno ricchezza fine a se stessa. La prosperità è una condizione relativa all’essere, e contiene necessariamente già anche la ricchezza, la quale è invece correlata all’avere. La ricchezza non comporta necessariamente anche la prosperità, mentre è valida con assoluta certezza la relazione inversa: dove c’è prosperità c’è sempre anche ricchezza, perché la seconda è uno strumento che consente alla prima di fiorire.
Affinché ciò avvenga, ciascuno di noi dovrà quindi lavorare su sé stesso agendo dall’interno della propria sfera di influenza, per evolvere a un livello superiore di idee, di emozioni e di azioni, contribuendo a generare amore, rispetto e soprattutto gratitudine.