Il Mib ESG e il mosaico della Grateful Economy

Quale economia ci serve per affrontare le sfide a venire? Credo sia questa una delle domande più importanti da farci, perché dalle risposte dipende una fetta molto rilevante di futuro, per tutti, a ogni latitudine. Personalmente sostengo da anni che fino a quando resteremo entro i margini di un’economia di mercato l’incentivo risiederà sempre nel profitto, nel margine che un’impresa riesce a ricavare, con tutte le distrosioni e gli effetti collaterali del caso. Il “salto esponenziale” che ci è richiesto in questa nuova era, così complessa ma anche così stimolante, è allora di considerare il profitto tale solo se viene ottenuto in modo responsabile e se viene rimesso in circolo nel sistema, generando altro benessere per l’insieme.

È ciò che chiamo Grateful Economy, cioè un’economia della Gratitudine dove lo scambio vero avviene solo quando produce prosperità per entrambe le parti attive nella transazione e al contempo per il sistema tutto di cui esse fanno parte integrante. Mi piace leggere in quest’ottica la recente scelta di Piazza Affari di lanciare un nuovo indice, il primo di carattere Environmental, Social and Governance dedicato alle blue chip italiane. Il Mib Esg Index è il secondo indice nazionale di questo tipo lanciato dalla Euronext dopo il Cac40 Esg, partito lo scorso marzo.

Con un valore di circa 580 miliardi di capitalizzazione, il Mib Esg Index comprende quaranta titoli tra i sessanta più liquidi del listino, selezionati attraverso l’utilizzo sia degli strumenti già consolidati sul mercato quali i 38 indicatori di sostenibilità, sia dello standard dei dieci principi del global compact delle Nazioni unite. Piazza Affari è dunque il secondo mercato del circuito a puntare fattivamente sulla sostenibilità, dopo Parigi come abbiamo detto, e probabilmente sarà seguita da Amsterdam. A Parigi la comparsa del nuovo indice ha avuto l’effetto di orientare le scelte degli investitori. Recentemente, per esempio, Bnp Paribas ha spostato l’esposizione del suo Etf sul Cac 4o all’indice Esg e Amundi ha annunciato che lancerà a sua volta un Etf per replicare l’indice delle blue chip sostenibili del listino francese.

Come si legge nelle note stampa del lancio dell’indice, il Mib Esg Index risponde a una crescente domanda di strumenti di investimento sostenibile da parte degli investitori e del mercato. Un passo importante perché in grado di accelerare la transizione verso un’economia sostenibile oltre che di consentire agli investitori di finanziare progetti e aziende ad alto impatto in Italia e in Europa.

Che si tratti di un ulteriore tassello a sostegno dell’integrazione dei fattori Esg nei processi di investimento è fuori di dubbio ma se aiuterà ad accelerare il passaggio a un sistema finanziario responsabile a livello globale non possiamo dirlo adesso. Tuttavia, come spesso ho avuto modo di evidenziare, tutte le aziende che già da tempo mettono in pratica questi principi hanno un vantaggio competitivo formidabile sui contendenti.

Se guardiamo al settore bancario, quello in cui lavoro da molti anni, un’attenta analisi di circa duecento studi empirici condotta da Clark, Feiner e Viehs evidenzia che le “buone pratiche” in ambito Environmental, Social & Governance (ESG) permettono alle imprese di beneficiare di vantaggi competitivi, minori costi del capitale e migliori performance operative e di mercato. Sullo stesso tema è interessante anche l’analisi condotta da Friede, Busch e Bassen che ha preso in considerazione circa 2200 ricerche accademiche dedicate alla relazione tra performance di mercato delle imprese quotate e pratiche sui temi ESG, concludendo che nella maggior parte dei casi il contributo delle “buone pratiche” è positivo e stabile nel tempo.