Il freddo fa notizia

Il ciclone Thor, in arrivo sul Vecchio Continente nella terza settimana di gennaio, ha conquistato gli onori della cronaca. Per il semplice motivo che porterà il freddo. 

 

Arriva il freddo dalla Groenlandia
Alexandros Michailidis / Shutterstock.com

Ebbene sì, ormai il freddo a gennaio fa notizia. Basterebbe questo per argomentare che ci siamo assuefatti a una condizione climatica del tutto deragliata rispetto alla norma. E che anzi, è la norma stessa ad essere irrimediabilmente alterata. Al punto che un fronte di maltempo in arrivo dalla Groenlandia su tutto il Mediterraneo è ormai degno di nota e forse anche foriero, oltre che del gelo, di qualche sollievo nella narrazione collettiva.

Ci aggrappiamo insomma a quei dati di realtà più vicini alla norma che fu. Per questa ragione delle intense piogge, come anche della neve che l’afflusso di aria fredda in quota sulle Alpi farà fioccare fino a quote prossime alle vallate, se ne legge praticamente ovunque: nelle prime pagine come nei servizi radiotelevisivi si parla delle temperature in drastica diminuzione, prima al Nord e poi anche al Centro-Sud, con Toscana, Lazio, Sardegna, Umbria e Campania presto bagnate da piogge abbondanti. Il tutto viene presentato come una restaurazione, un ritorno alla normalità. Ma in realtà, lo sappiamo, quella normalità è ormai alle spalle. 

 

Un gennaio eccezionalmente caldo

Quanto tempo vi sembra passato da quando sui giornali si leggeva ancora della contrapposizione tra i negazionisti del climate change e, diciamolo, gli individui sani di mente, milioni e milioni di persone finalmente raggiunte e persuase dalle molteplici e inconfutabili prove scientifiche di un disastro epocale in arrivo? L’impressione è che sia passato un battito di ciglia da quel traboccare di dibattiti vuoti e fini a se stessi, perché ingaggiati a livelli retorici inconciliabili, tra chi negava ottusamente l’evidenza e chi provava invece a trarne le prime conclusioni e indicazioni per il futuro prossimo.

Quel futuro è già arrivato, ed è soltanto uno dei primi capitoli della storia che verrà. Gennaio 2023 è un mese incredibilmente caldo. In Germania si registrano 5,7 gradi in più rispetto alla media 1991-2020, in Svizzera +4,8 gradi, in Francia +4,2 gradi e +3,2 gradi in Italia. Ma i media preferiscono sottolineare come queste anomalie stiano cessando. Perché appunto noi tutti ci stiamo raccontando piccole, grandi frottole, nel disperato tentativo di rinviare il giorno in cui dovremo ammettere senza se e senza ma che il clima, per come lo conoscevamo, non esiste più. Specie per la cara vecchia Europa.

 

L’Europa sta vivendo una drastica modificazione climatica

Il nostro continente si sta scaldando a un ritmo più veloce rispetto a quello di qualsiasi altro continente, Basti pensare che negli ultimi trent’anni la temperatura in Europa è aumentata più del doppio rispetto alla media globale. E’ ciò che si evince con molta chiarezza leggendo il report Global Climate Highlights 2022 redatto da Copernicus, il programma europeo per il monitoraggio dei cambiamenti climatici.

«Nella classifica degli anni più caldi, il 2022 è secondo solo al 2020 (con una differenza di 0,3 gradi centigradi) e supera di circa 0,1 gradi il 2019, il 2015 e il 2014. Soprattutto nell’Europa occidentale e meridionale sono state registrate le temperature annuali più alte almeno dal 1950».

Un anno, insomma, che ci ha fatto vivere l’estate più calda mai registrata in assoluto, un’estate che ha battuto il record detenuto dal 2021, cioè dall’estate precedente. Un anno che ci ha dato un autunno piazzato al terzo nella classifica dei più caldi, superato solo dal 2020 e dal 2006, e anche un inverno piazzato già nella top ten.

 

Winter is (not) coming

Un 2022, quindi, a tutti gli effetti fuori dall’ordinario in termini di temperature, non solo perché foriero dell’estate più calda di sempre in Europa, ma anche per essere il quinto più caldo mai registrato a livello globale. No, non è stato un’eccezione, come tentiamo di raccontarci con spirito autoconsolatorio. Al contrario, è stato un anno pienamente in linea con il trend evidentissimo delineato dagli ultimi otto anni, addirittura i più caldi da quanto viene monitorato il clima. Nelle parole dell’Asvis, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile: «non ha mai fatto così caldo, eppure nuovi record di temperatura stanno per arrivare».

Anziché affidarci alle ondivaghe intonazioni dei media e dei racconti umani, basterebbe far riferimento alla certezza dei numeri. La CO2 è il principale responsabile dell’alterazione del clima in quanto il gas più prodotto dalle attività umane e la sua concentrazione nell’atmosfera si misura in ppm, ossia parti per milione. Ebbene, rispetto ai livelli preindustriali, è salita del 149%, attestandosi a 415,7 ppm. La soglia di sicurezza indicata dalla comunità scientifica è lontana, a 350 ppm. Anche il protossido d’azoto, a quota 334,5 ppb, ossia parti per miliardo, è cresciuto di un ragguardevole 124%. Il metano poi è addirittura a quota 1908 ppb, più di 2 volte e mezza il periodo 1850-1900. Il metano è uno nemici più infidi e pericolosi: benché sia meno diffuso, non soltanto cresce a ritmi sempre più elevati, ma le sue conseguenze sul lungo periodo sono più impattanti e dannose persino della CO2.