Una lettera che lascia il segno

Ciao Oscar, non so se ti ricordi di me, sono Lorenza! Anche se non sono molto attiva sui social, seguo con interesse le tue bellissime attività. Ho guardato anche le immagini del tuo viaggio a Nairobi e ho letto le tue parole. Sai, da quando sono tornata in Italia ho cominciato a insegnare alle elementari. Piano piano ho tracciato la mia rotta: ho scelto di insegnare per lasciare un segno nella vita dei bambini che incontrerò, voglio essere e fare per loro la differenza. Ora insegno in una scuola pubblica che, per come vanno le cose da noi, è diventata il luogo in cui vengono accolti i bambini non italofoni e appena arrivati in Italia. Qui, accade di accogliere in pochi giorni 4 bambini che non parlano una parola di Italiano, in qualsiasi momento dell'anno. Qui, accade che altri bambini vengano trasferiti e poi ritornino, in qualsiasi momento dell'anno. Qui, accade che i bambini imparino a odiare per sempre la scuola e lo studio. Inutile dirti che gli alunni italiani, qui, si contano sulle dita di una mano. É una scuola di frontiera, che pochi insegnanti scelgono e dove pochi insegnanti reggono. Non perché non siano motivati o capaci. Semplicemente perché l'impresa pare troppo ardua, come fermare uno tsunami con i sacchi di sabbia. Anch'io stavo per cedere, ma ho capito che se non posso fermare lo tsunami, posso cercare di sottrarre qualche vita alla violenza del maremoto e restituire a queste vite la loro dignità, che per me significa dare ai miei alunni la possibilità di scegliere la loro storia e gli strumenti per scriverla al meglio. E allora ho deciso che avrei fatto fare a questi bambini lo stesso percorso che farebbero gli alunni della più prestigiosa scuola privata. Poco importano i muri sporchi e scrostati, gli armadi rotti, la mancanza cronica di risorse: io ho deciso di essere LA risorsa e di fare di ogni lezione un evento. Ho deciso che non avrei letto stupidi libricini in classe, ma fiabe alte ed evocative. Ho deciso che avrei fatto conoscere loro la migliore musica. Ho deciso che devono, perché possono, imparare l'italiano, la bella grafia. Ho deciso che avrei insegnato loro la meditazione. Ti scrivo questa lunga lettera perché inizialmente ho provato rabbia davanti alle immagini del tuo viaggio. Mi sono chiesta che senso avesse andare così lontano, quando in alcune scuole pubbliche del nostro paese viviamo un fallimento epocale. Ho comunque scelto di mostrare le immagini ai miei scolari, e ho capito. I miei bambini si sono commossi di fronte a quelle storie e sono rimasti colpiti che qualcuno andasse lì in mezzo a regalare un libro. Poco a poco, sono uscite le loro storie, i loro ricordi, come una valanga lenta ma inarrestabile. Fino a quel momento avevo pensato che non raccontassero nulla della vita passata semplicemente perché non possedevano gli strumenti linguistici adatti. Invece ho capito che non ne parlavano perché fa troppo male. La miseria, le baraccopoli, la guerra erano terribili, ma era la loro casa e da lì sono stati sradicati. Si sono emozionati al pensiero che qualcuno si prendesse cura anche di quei bambini così lontani. Ci tenevo a riportare a te e alla vostra Fondazione il grazie dei miei alunni e questa frase: ma allora, se qualcuno va a fare scuola là, vuol dire che quei bambini potranno vivere nel loro paese! Così abbiamo iniziato a immaginare un futuro in cui tutti i bambini avranno la libertà di viaggiare per scelta, non per necessità. Sai Oscar, nonostante tutte le difficoltà, io quel futuro lo vedo.” * Questo è l’esempio più cristallino e spontaneo dei principi dell’Economia Sferica: attivarsi nella propria sfera d’azione e competenza per-il-Bene, sicuri e consapevoli che siamo noi, ciascuno di noi, a poter fare la differenza. L’impegno quotidiano a essere migliori PER il mondo, e non più i migliori del mondo, può solo dare frutti positivi che si riflettono sugli altri e si riproducono negli altri. Come Lorenza, al mondo esistono milioni di persone e migliaia di aziende, che vogliono fare la differenza e con determinazione la fanno. Tuttavia, oggi, in questa nostra era dell’informazione, il vecchio approccio di fare bene e non farlo sapere non ha più senso. Il buon esempio per essere fruttuoso deve essere raccontato altrimenti rischia di non essere notato nel mare magno delle sollecitazioni che ogni giorno catturano la nostra attenzione. Per questo ho voluto rendere pubblica la scelta personale e privata di Lorenza.