Oltre l’effetto Greta

Svegliato dallo schiaffo morale di una sedicenne svedese con sindrome di Asperger capace di muovere folle oceaniche e di pronunciare parole chiare e potenti a una platea colma dei soliti potenti della Terra, il pubblico italiano si agita in ogni direzione. C’è chi la scredita, si dice perché rappresenta quello che da giovani non siamo stati ma avremmo voluto essere, chi la mitizza, più o meno per lo stesso motivo, chi la difende, perché rappresenta quello che da giovane vuole e riesce ad essere, chi la strumentalizza, per miliardi di motivi, e chi, più semplicemente, se ne frega. Pochi guardano Greta Thunberg vedendo oltre Greta Thunberg. Pochi si focalizzano sul verbo, molti sulla persona. Molti sul simbolo pochi sul contenuto. E i simboli, come le persone, passano. Difatti, i risultati del vertice nonostante l’effetto Greta, sono che la Cina conferma gli impegni presi a Parigi, ma non li aumenta, così come la Russia, che è grande produttrice di petrolio e gas. Anche l’Italia punta al completo raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030, e ad una strategia di decarbonizzazione entro il 2050. Chi smetterà di costruire centrali elettriche a carbone, puntando sulle fonti rinnovabili è solo la Powering Past Coal che conta 30 paesi e 31 corporation. Chi investirà da ora solo su aziende carbon-neutral è la Asset Owner Alliance che raggruppa fondi pensione del valore di 2 trilioni di dollari. I paesi dell’America centrale destineranno entro il 2030 solo 10 milioni di ettari di terra alla produzione agricola sostenibile, per ridurre le emissioni del 40% rispetto al 2010. Alla fine del vertice, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Guterres, ha annunciato che le nazioni che si sono impegnate a ridurre a zero le loro emissioni entro il 2050 sono 77. Basterà a restituire a Greta l’infanzia perduta? Credo di no. Credo che occorra uno sforzo collettivo ad andare oltre le apparenze, oltre i simboli e oltre i proclami. Che occorra abbandonare le dietrologie e i complottismi, i discorsi da bar e le battute da osteria, che non sortiscono altro effetto che quello di banalizzare un problema. E banalizzandolo allontanarlo dalle nostre priorità, farlo sbiadire, sino a dimenticarlo. E invece è una faccenda cruciale. È una faccenda che già nel summit di Rio era stata chiarita in modo adamantino: l’unica crescita economica di lungo periodo può esistere solo se inscindibilmente legata alla protezione dell’ambiente. L’unica economia che può rispondere a questo principio è quella che mette di nuovo l’uomo al centro. Senza la centralità dell’essere umano (Person) nessun piano potrà essere mai realizzato. Occorre sviluppare il concetto di economia circolare ponendo l’uomo al centro solo così può diventare un’Economia Sferica che si muove su tre dimensioni tenendo sempre presente i sette livelli di manifestazione delle nostre vite, le 7P. Person, People, Partnership, Profit, Prosperity, Planet e Peace sono tutte connesse tra loro ma debbono essere orientate da un’altra P che fa da loro insieme e contenitore: la P di Purpose che deve essere però inteso come scopo ultimo: la Vocazione.