Non tutte le idee luccicano

La festività che ricorre domani, 6 gennaio, commemora la visita a Gesù in Betlemme dei re Magi. Tuttavia, sebbene il termine epifania, che nel mondo religioso greco serviva per indicare il manifestarsi della divinità, cioè le azioni attraverso le quali il divino si manifestava, nel mondo cristiano sia passato a indicare la celebrazione delle principali manifestazioni divine di Gesù, nel linguaggio letterario è usato per indicare genericamente il manifestarsi di qualcosa, di una visione o di un’illuminazione o di un’idea. Cosa d’altro può esserci di primario ed essenziale per l’essere umano se non la capacità di avere delle epifanie? Se non l’attitudine a generare visioni che a loro volta si traducono in idee e in azioni? Sono le idee il nostro vero capitale con il quale plasmiamo il mondo. Anche se la maggior parte degli economisti e dei politici sono ancora così aridi nella logica al punto di credere che il motore della società sia il capitale, in realtà quel che veramente sposta i capitali da una parta all’altra sono le idee.  Ma le idee sono tutte buone? Recentemente la Cina, per fare un esempio, ha bloccato il collocamento in borsa della Ant, azienda finanziaria di Jack Ma, anche fondatore del colosso cinese del commercio online Alibaba, che è stato uno dei primi a prevedere le potenzialità dell’intelligenza artificiale in finanza. La Ant usa i dati dell’attività online di aziende e consumatori per presumere il loro rischio di credito, cioè la loro capacità di restituire i debiti contratti, e dunque offrire servizi personalizzati. Ma, per dirla con il Financial Times, sebbene in teoria questo potrebbe essere un metodo per democratizzare la finanza, poiché potrebbe premettere alle aziende finanziarie di offrire più scelta, servizi più mirati e una maggiore accuratezza nella determinazione del prezzo, così come, se gestito con correttezza, anche aiutare le autorità di vigilanza a monitorare le condizioni delle banche e trovare con maggiore facilità le frodi, in pratica comporta rischi enormi. Tra questi la tendenza dei programmi in AI ad accogliere nei processi decisionali dei pregiudizi, in primis quelli razziali. Inoltre, dal momento che disporre di banche dati enormi è un netto vantaggio per le intelligenze artificiali, ne sarebbero avvantaggiate quelle aziende già dominanti cha appunto vedrebbero aumentare il loro potere. Ma il problema più grande è la mancanza di trasparenza data dall’impossibilità di rivedere o interpretare i meccanismi decisionali delle AI, come evidenzia un documento del Financial stability board. Cosa fare dunque visto che sarà impossibile frenarne la corsa all’uso? Un primo passo è metterla in pausa, come ha fatto la Cina con la Ant, suggerisce il giornale inglese che conclude affermando “non si può affidare a semplici fanatici della tecnologia la creazione e il controllo della finanza che usa l’intelligenza artificiale, sarebbe meglio che se ne occupassero persone con una visione complessiva delle conseguenze sulla società”. Dunque, pur alla luce di possibili benefici con cui è nata quest’idea, dobbiamo ritenerla per forza una buona idea? In risposta vi riporto questo mio pensiero: Idea è anche sinonimo di innovazione. Proprio per questo le idee sono state da sempre il bene più prezioso su questo Pianeta. «Tutto l’universo non è altro che un’idea», scriveva Zhuāngzǐ, filosofo e mistico cinese del 370 a.C. È un’idea che ti rende estremamente ricco e ti conduce all’eternità, così come è una cattiva idea che ti può rendere estremamente povero e portarti alla disgregazione. Sei povero quando infatti un’idea perde la sua condizione naturale di fluidità e adattabilità e si involve prima in un condizionamento e poi in una convinzione. Sei invece ricchissimo quando una tua idea deriva da un moto interiore di grande nobiltà, quasi spirituale, tale da poter far considerare quell’idea un tuo tentativo passionale di prenderti cura di qualcosa di altro che non sia solo te stesso. Penso che la mancanza di un’ideale supremo che contempli il benessere comune sia la privazione peggiore che un uomo possa imporre alla propria esistenza. E credo pure che sia proprio questa la causa di maggiore insoddisfazione di molte persone che non hanno compreso l’importanza di avere un ideale nobilissimo che ispiri le loro vite, un ideale divino che possa purificare l’atmosfera da tutte le scorie che in essa scarichiamo, finendo per essere da questa stessa atmosfera asfissiati e avvelenati. Il più alto ideale è l’Amore. È banale. È demagogico. È ovvio. Lo so. Sarà forse per questo che il valore dell’amore come ideale è scomparso dai discorsi che le famiglie fanno la sera quando si riuniscono attorno alla tavola per la cena, che gli amici fanno quando si ritrovano, che le aziende mettono nei loro obiettivi, che i professori insegnano nelle università e nelle scuole, o che i politici mettono nei loro programmi elettorali. Più scrivo questo elenco e più mi sento demagogico. Eppure, l’amore resta il prodotto più richiesto in qualunque tipo di mercato sebbene quasi nessuno lo offre perché ritenuto scontato e banale. Oggi l’amore esce ufficialmente da quella innaturale condizione di normalità in cui era stato relegato nelle nostre vite, ed è tornato il tempo di parlarne pubblicamente. E saranno gli Eroi a farlo per primi. Questa è la sfida!”