Mentre la nostra attenzione è concentrata sulla guerra in Ucraina, in molte parti del mondo le disuguaglianze aumentano.
L’altra sera, ascoltando il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte rivolgere un sintetico ma esaustivo discorso alla Nazione, mi è venuto in mente questo brano tratto dal libro Una sedia per l’anima di Gary Zukav: “Ogni anima si assume un compito particolare. Può essere quello di formare una famiglia, o di comunicare idee attraverso la scrittura, o di trasformare la consapevolezza di una comunità, come per esempio la comunità economica. Può essere il compito di risvegliare la consapevolezza del potere dell’amore a livello di nazioni, o addirittura quello di contribuire direttamente all’evoluzione di coscienza a livello globale. Qualunque compito la vostra anima abbia accettato, qualunque contratto abbia stretto con l’universo, tutte le esperienze della vostra vita servono a risvegliare in voi il ricordo di quel contratto e a prepararvi a realizzarlo”.
Mi è venuto in mente perché alcune parole usate da Conte, mi riferisco per esempio a “lucidità”, “misura”, “rigore”, “responsabilità”, concetti che certamente dovrebbero avere un significato e un ruolo essenziali nelle nostre vite, ma che, tuttavia, sono stati bellamente e volontariamente disertati dalla nostra contemporaneità. Al di là di ogni possibile tentazione alla rampogna o agli inutili moralismi circa l’assenza di virtù della nostra società individualista e autistica, ciò su cui mi vorrei soffermare maggiormente è il passaggio che mi ha colpito maggiormente, quello in cui ci confessa di avere fatto un patto con la propria coscienza per mettere la salute degli italiani al primo posto.
Perché mi ha colpito? Perché si tratta di una chiara e inequivocabile assunzione di “vocazione”. E un’assunzione di vocazione è un segnale non trascurabile in un contesto particolarmente complesso come quello attuale.
Non è una mission, come direbbero i molti esperti in comunicazione e marketing, ma è ciò che in filosofia si intende come una chiamata a sentirsi partecipi di un progetto universale, ognuno nel proprio ambito specifico. E quale occasione migliore di questa per stipulare anche noi, singoli individui, un patto con la nostra coscienza assumendoci il compito di agire per il Bene dell'insieme?
Dobbiamo ricominciare a farci guidare da valori universali e dall’aspirazione di generare nel mondo attraverso le nostre azioni, un sentimento di gratitudine. Servono esseri umani che guidino il nostro tempo e abbiano il coraggio nel corpo, la dedizione e la sensibilità nel cuore, l’intelligenza e la lucidità nella mente per seguire la vocazione al Bene dell’insieme.
Il nostro tempo ci sta mettendo di fronte a uno scenario molto chiaro: il vecchio paradigma “mors tua vita mea” non funziona. Oggi dal comportamento lucido e responsabile degli altri dipende la nostra vita, dipendono il nostro futuro e quello dei nostri figli. Il tempo ci sta chiedendo una drastica svolta, ci sta chiedendo di prendere coscienza del fatto che ci salveremo se sapremo attuare il ben più funzionale “vita tua, vita mea”, come perfettamente sintetizzato nel pensiero del mio mentore Patrizio Paoletti.