Recentemente ho prima ascoltato e poi letto su The New York Times un'intervista fatta a Peter Thiel, il cui titolo ("Peter Thiel e l'Anticristo. ...
«Il rapporto mette in luce un quadro che i media hanno già evidenziato, ovvero quello di un antagonismo tra generazioni - dice il Presidente della Commissione Finanze del Senato, Alberto Bagnai - Si tratta, tuttavia, di una narrativa che si presta ad alimentare una competizione tra giovani e anziani. Non è altro che un neo-rancore indotto dal racconto falsato e da una gestione sbagliata della crisi, un conflitto da esecrare poiché i problemi della società vanno affrontati in modo organico».
Concordo pienamente sull’esigenza di individuare e praticare una narrativa nuova e innovativa. Le parole hanno il potere di distruggere e di creare, per dirla attingendo dalla saggezza di Buddha, e purtroppo da lungo tempo, non solo dall’inizio della pandemia, il linguaggio, che è l’atto politico per definizione, ha assunto sempre più le sembianze di uno sterile campo di battaglia sul quale vengono sacrificati gli interessi di intere generazioni in nome di inutili, in quanto superati dall’urgenza dei tempi, e inadeguati stereotipi. È stato scelto infatti, ricorderete, un linguaggio guerresco per parlare delle misure sanitarie, così come si continua erratamente a definire distanza sociale quella che invece è pura distanza fisica.
Sono convinto, per esempio, che se imparassimo a usare una lingua comune che non riconosca la discriminazione di alcun genere, supporteremmo l'abolizione pratica delle disparità. Dobbiamo aspirare a una lingua che ci permetta e ci supporti, ogni giorno, a essere meno soli, a dare e trarre forza dalle relazioni con gli altri. Una lingua che ci aiuti a diffondere gratitudine.
Tanto più che, come nel caso specifico, una narrativa della contrapposizione e dell’odio non solo contribuisce a disgregare la coesione sociale e a indurre sempre più verso un individualismo spinto, ma è anche dannosa e controproducente in quanto, come emerge anche dallo stesso rapporto, le persone longeve sono il motore della vita collettiva che ancora oggi, nella fase post-Covid-19, guardano al futuro proprio e della propria famiglia con minore pessimismo e più fiducia rispetto agli altri più giovani.