L’orologio “fine del mondo” segna le ore 23:58:20

Mai sentito parlare del Doomsday Clock? È un orologio metaforico che segna il tempo che manca all’ipotetica fine del mondo per l'umanità. È nato dall’idea degli scienziati della rivista Bulletin of the Atomic Scientists dell'Università di Chicago che nel giugno del 1947 lo vollero rendere pubblico come monito voluto dalla comunità scientifica e rivolto al pubblico in generale e soprattutto ai governi mondiali affinché non abbassassero la guardia dal pericolo derivante dalle armi nucleari. Dalla fine della guerra fredda e dalla caduta della cortina di ferro, di minacce imponenti quanto se non più del nucleare ne sono emerse molte! Dalla sua creazione a oggi, le lancette sono state spostate in avanti o indietro, più di 20 volte. In questi settantatré anni abbiamo avuto un periodo in cui ci siamo allontanati dal “grande boom” di ben 17 minuti. Si è trattato del periodo di massima distanza in assoluto ed è avvenuto tra il 1991, anno in cui sono stati siglati i trattati START, acronimo che sta per Strategic Arms Reduction Treaty, cioè gli accordi internazionali firmati tra gli Stati Uniti e l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche che mettevano un tetto massimo alla produzione di testate nucleari e missili balistici, e il 1995, quando iniziarono i problemi politici e sociali nelle repubbliche che hanno ottenuto l'indipendenza dall'URSS. Ma ci sono state anche date in cui le lancette si sono avvicinate massimamente alla mezzanotte, una prima volta tra il 1953 e il 1960, cioè negli anni successivi al test termonucleare che distrusse un atollo nell'oceano Pacifico. E una seconda volta nel 2018, anno in cui l’orologio ha segnato le 23:58. Oggi segna le 23:58:20 Tra i pericoli che possono determinare lo spostamento delle lancette verso la mezzanotte dell’umanità, da un decennio a questa parte, ci sono senza dubbio lo sviluppo nel campo delle armi biologiche, dell’ingegneria genetica ecc. Ma soprattutto c’è il cambiamento climatico. E così, per sottolineare a tutti noi che allontanandolo dagli occhi e dalle coscienze non fa sparire automaticamente lo spauracchio, è comparso anche il Climate Clock. Un enorme orologio digitale che dalla facciata di un grattacielo in Union Square a New York, batte il tempo che di questi sette anni rimasti prima della fine del mondo. Questo nuovo monito servirà a scuotere le intelligenze e le coscienze degli individui e dei governi o andrà a far compagnia al fratello maggiore nelle stanze polverose e recondite dove accatastiamo per convenienza e per ignavia la mole di consigli mai ascoltati e delle raccomandazioni mai messe in atto? Smettere di far finta di non sentire il ticchettio regolare dei secondi che se ne vanno dipende da noi. Da ciascuno e da tutti noi. Non è solo una questione di adottare comportamenti un po’ più virtuosi, che ovviamente hanno un senso. È anche una questione di renderci agenti del cambiamento, attivandoci presso tutti coloro che ci sono contigui, raggiungendo tutti i componenti della nostra sfera di relazioni e di azioni, affinché a loro volta cambino e a loro volta si attivino con la propria avviando così un crescendo che in breve può dare origine a un’onda rinnovatrice talmente potente da costringere la storia che a detta di molti è oramai segnata, a cambiare rotta. È urgente. È questione di secondi.