Universo 25: quando la perfezione lineare spezza la Sfera

Nel 1968, lo studioso americano John B. Calhoun diede vita a un esperimento destinato a diventare uno dei più inquietanti della storia della psicologia comportamentale. Lo chiamò: Universo 25. Calhoun costruì un ambiente ideale per topi: una struttura chiusa, protetta, senza predatori né minacce. Ogni necessità era soddisfatta: cibo e acqua illimitati, temperatura controllata, totale sicurezza. Un paradiso artificiale. Vi introdusse otto topi. La popolazione esplose rapidamente. In soli sei mesi si superarono i 600 esemplari. Ma nel pieno dell’abbondanza, qualcosa si ruppe. Iniziano, infatti, presto ad emergere segni sempre più evidenti di disgregazione sociale:

  • I maschi dominanti diventano violenti e imprevedibili.
  • Altri si isolano: apatici, ansiosi, autolesionisti.
  • Le femmine, sovraccariche e stressate, smettono di accudire i piccoli. Alcune li uccidono.

Poi, una nuova “casta”: i “belli” (the beautiful ones). Maschi fisicamente impeccabili, ma del tutto disinteressati alla vita collettiva: non si accoppiano, non lottano, non comunicano. Si rifugiano in un’esistenza estetica e vuota, fatta solo di cibo, sonno e pulizia. Alla fine, la natalità crolla. La mortalità infantile raggiunge il 100%. La colonia si autoestingue, non per mancanza di risorse, ma per assenza di significato. Calhoun replicò l’esperimento 25 volte. Ogni volta, lo stesso epilogo.

La prospettiva dello Sferismo

L’Universo 25 può essere letto come una deviazione dalla forma sferica dell’esistenza. Era una struttura chiusa, piatta, senza attrito. Nessuna sfida, nessuna interazione significativa. Tutto era dato, nulla da generare. Nessuna tensione verso un Centro. La crescita iniziale della colonia simulava un’espansione, ma era solo moltiplicazione meccanica. Quando la forma sferica — con la sua curvatura, la sua direzionalità, la sua coesione — viene negata, la società implode. Nel paradigma dello Sferismo, infatti, ogni sistema vitale — biologico, sociale, spirituale — si orienta verso un equilibrio radiale: un Centro generativo da cui fluiscono relazioni, differenze, senso.

La lezione non è contro il benessere, ma contro un benessere senza curvatura, senza comunità, senza destino comune. Sorgono spontanee domande sferiche pe ril presente:

  • In che forma viviamo oggi: in una Sfera vitale, o in una gabbia ben arredata?
  • Il nostro benessere è anche una rete di relazioni, o solo un contenitore di consumi?
  • Chi sono oggi i “belli” del nostro Universo 25? Cosa ci dice il loro silenzio?
  • Le nostre città sono spazi radiali, comunitari, porosi — o contenitori di solitudini parallele?
  • Stiamo crescendo, o ci stiamo solo moltiplicando senza direzione?

 

Un riflessione finale e delle domande

L’esperimento di Calhoun ci pone di fronte a una verità sferica: non basta sopravvivere. Serve un Centro. Serve relazione. Serve creazione. Quando il legame sociale si spezza, anche l’abbondanza si svuota. Quando ogni punto smette di dialogare con il suo Centro, la Sfera crolla su sé stessa.

  • Che forma ha, dunque, la nostra vita oggi?
  • Qual è oggi il nostro Centro? Da cosa nasce il senso nelle nostre società iperfunzionali?
  • Le nostre strutture economiche e abitative rispettano la forma sferica della relazione e della differenza?
  • Viviamo dentro una Sfera, o dentro una scatola?
  • Le nostre relazioni sono radiali (interconnesse e orientate), o frammentarie (chiuse in orbite individuali)?

 

Una provocazione finale

Se la sicurezza totale uccide il rischio, e il rischio è apertura al possibile, siamo disposti a vivere meno comodi, ma più vivi?