21 Minuti Milano

Le riflessioni più profonde della mia vita

“Raccontare la propria vita e il proprio percorso umano, professionale e di pensiero in soli ventuno minuti, estraendone il succo essenziale e libero di farlo nei modi che ritenevo più adatti: raccontare un singolo episodio o una catena di episodi; fare una galoppata attraverso il flusso di un’esistenza oppure attraverso il racconto dei miei incontri con chi è poi divenuto per me modello; partire dall’ultima scoperta, dall’ultima intuizione oppure tentare di fare un primo bilancio piuttosto che invece distillare un metodo”.

Più o meno così recitavano le indicazioni a cui attenersi quando accettai l’invito a raccontare una delle dodici storie, la mia, che erano state selezionate per l’evento ‘21minuti – The Human Start Up’. “Il fine ultimo dell’uomo è contribuire: fare qualche cosa per il vantaggio dell’insieme”, così invece era scritto al punto 1 del Manifesto dell’evento, che si articolava in dieci punti di cui il nono, “Conoscersi, capirsi, cooperare: questo è il destino dell’uomo”, ha risuonato in me con ciò che ho sempre pensato debba essere lo scopo di ogni essere umano.

Era la prima volta che mi veniva chiesto di parlare di me, della mia vita, ed ero rimasto un po’ stupito, ma appena ricevuto l’invito ho immediatamente percepito come necessario, per questo momento storico, l’adattamento che questo evento faceva del concetto di ‘startup’ anche alla dimensione umana individuale, dato che troppo spesso esso viene invece relegato alla sola dimensione imprenditoriale, dimenticandosi che un’azienda è sempre e comunque la manifestazione di un individuo, delle sue idee e della sua coscienza. E l’idea di fondo dell’Economia 0.0, che tanto interesse ha riscosso in questi diciotto mesi in cui si sta lentamente diffondendo in tutto il mondo, è peraltro proprio questa: ripartire da sé stessi in quanto nucleo fondamentale della nostra società, in quanto molecola essenziale della nostra specie, ed in particolare del popolo europeo che oggi più che mai è minato nella sua identità culturale e sociale.

Il mondo è cambiato velocissimamente nell’ultima dozzina d’anni ma l’uomo, per sua natura e conformazione biologica, quasi paradossalmente non sa andare alla stessa velocità delle sue scoperte. Non lo sa fare perché non può farlo. Non può farlo perché le sue sovrastrutture psicologiche non glielo consentono, condizionandolo e limitandolo con l’inganno delle sue credenze; di contro, le sue basi culturali, che dovrebbero invece reggerlo nel suo percorso evolutivo e di costante adattamento e miglioramento alla realtà circostante da lui stesso plasmata, svolgono sempre meno la loro funzione originaria: fargli da radici.

Noi europei dovremmo proprio restartupparci come umani, e lavorare sul conservare, coltivare, e perfino estremizzare le nostre originali caratteristiche primarie: innovazione, creatività, capacità di lateralizzare il pensiero, affermando una visione dell’uomo capace di un nuovo Rinascimento. “La vecchia Europa deve rinnovarsi e vendere le sue enormi potenzialità sul mercato globale: la redistribuzione del sapere”, scrive Paoletti nel suo libro ‘21 minuti – I saperi dell’eccellenza. Le idee salveranno l’Europa’. “Noi europei non possiamo aver paura di quello che ci sta accadendo intorno. Oggi il mondo è più piccolo e siamo tutti più vicini e, grazie a questa vicinanza, in una relazione più intima e, quindi, più profonda. Ne consegue che l’impegno che ci viene richiesto è un impegno di consapevolezza, di crescita personale, perché è solo crescendo interiormente che la nostra crescita feconda l’altro e ci da non solo speranza ma certezza per un futuro migliore”.

Provando a cavalcare così un pensiero e un’emozione rinascimentali, rubo una magnifica sintesi alle pagine di un saggio di Burkhart, ‘La Civiltà del Rinascimento in Italia’, che nel 1860 definiva la sua epoca in un modo che risuona ancora oggi così attuale: “Il Rinascimento ha squarciato il velo tessuto di fede, d’ignoranza infantile, con cui il Medioevo aveva avvolto sia l’uomo sia il mondo. La scoperta dell’uomo e della natura rappresenta il carattere fondamentale del Rinascimento nella concezione della vita umana”. Nulla di più attuale in un momento come questo, così complicato nella storia dell’umanità, in cui stanno cadendo uno dopo l’altro tutti i punti di riferimento su cui generazioni secolari hanno fondato le loro certezze: tradizione contro innovazione, quasi un confronto estremo in questa epoca in cui, come già successe prima solo con la scoperta del fuoco e della ruota, stiamo assistendo a repentini e radicali cambiamenti resi possibili dalla scoperta della Rete e dall’accelerazione vertiginosa che la rivoluzione digitale sta imprimendo a tutta la nostra vita.

Ci servono eroi rinascimentali! Ma chi sono questi nuovi eroi? E su cosa fondare questo nuovo Rinascimento? Siamo noi, siamo tutti noi quando interagiamo in modo nuovo con tutte queste sollecitazioni, quando le affrontiamo coraggiosamente senza ripiegarci su noi stessi bensì guidati da nuovi criteri che superano i metodi di ieri, violenza contro violenza e furbizia contro furbizia, ispirati da valori rinascimentali, quasi cavallereschi, quali l’amore, il rispetto, e soprattutto la gratitudine.

La rinascita dovrà ispirarsi soprattutto al valore della gratitudine perché solo generando nell’altro questa emozione profonda sapremo di essere riusciti a restartuppare profondamente noi stessi. Esistere nel beneficio vitale recato all’altro sarà la genesi del nuovo successo. Sarà questo il segno da lasciare dietro ad ogni nostro passo, ad ogni nostra azione, ad ogni nostro gesto e parola. Chiunque saprà suscitare la gratitudine di un altro, avrà vinto la sfida delle nuova epoca. Chiunque non vi riuscirà potrà al massimo essere ricco, bello e famoso. Un mondo ispirato dal sentimento della gratitudine produrrà grandi benefici per l’intera umanità, divenendo radice per la nuova Era.

I nuovi eroi saranno distinguibili dai comuni mortali perché avranno in sé la scintilla del divino: fare della propria vita una dono e fare di questo dono qualcosa di significativo per l’insieme, questo l’unico valore veramente utile alla costruzione di un futuro migliore per tutti.