Reputazione: il web dà, il web toglie

Invitato alla tavola rotonda organizzata a Roma dall’Università Luiss e dell’Osservatorio Web e Legalità, ho pensato di rompere lo schema del parterre istituzionale portando esempi freschi sul tema del convegno: “Il rapporto tra web e reputazione aziendale”.

La cronaca degli ultimi tempi ci permette infatti di andare oltre i ragionamenti su cavilli o massimi sistemi, riflettendo insieme su esempi concreti di come e perché le aziende debbano oggi rispondere del loro operato nei confronti di clienti e cittadini

L’era del web è quella in cui se una compagnia aerea rompe la chitarra di un musicista e non fa nulla per riparare il torto, un semplice video su YouTube può penalizzarne significativamente la fetta di mercato nel giro di pochi giorni grazie a decine di migliaia di visualizzazioni. E’ un’epoca in cui una donna che posta su Twitter una battuta razzista sull’Aids in Africa, sale su un volo intercontinentale da dirigente e atterra senza lavoro, a causa dell’indignazione provocata dal suo umorismo di cattivo gusto. 

“What Goes Around Comes Around”, raccogli ciò che semini insomma, una massima che ho abbracciato e di cui ho parlato in molti dei miei interventi in giro per il mondo. Aldilà delle implicazioni tecniche e legali, il web ci consegna un nuovo mondo in costante evoluzione, in cui le aziende hanno l’obbligo di capire e interpretare al meglio uno stato di cose ormai pienamente compiuto: quello digitale non è un mondo ipotetico, virtuale, bensì uno spazio pienamente reale, in cui i virtuosi vengono premiati e i truffatori, gli insensibili o gli arroganti, saranno democraticamente e spontaneamente penalizzati là dove fa più male: sul mercato, nei profitti e nel giro d’affari. A me piace così, il web. E l’ho raccontato nel mio intervento articolato in 7 regole

Oscar