Un cielo artificiale all’orizzonte?

In questo periodo di celebrazioni del cinquantesimo anniversario del primo sbarco sulla luna, vi sarete certamente imbattuti, così come è successo a me, nel discorso tenuto nel 1962 da JFK alla Rice University di Huston. Se così non fosse, vi prego, cercatelo in rete e guardatevelo, vi ritroverete sconcertati nel vedere quanta altra strada abbiamo percorso in pochi decenni, rispetto a quella sintetica storia dell’umanità che l’allora Presidente USA raccontò per motivare gli americani a condividere il sogno di una nuova visione del mondo. Al di là dei passaggi retorici necessari a Kennedy per riconoscere alla propria nazione una solida posizione di preminenza, il passaggio a mio parere fondamentale e universale ma ahimè inascoltato, è il seguente: la scienza dello spazio, come qualsiasi altra scienza e tecnologia, non porta in sé alcuna coscienza. Il fatto che la sua forza venga messa al servizio del bene o del male dipende dall’uomo. Lo spazio all’epoca era la nuova frontiera di scoperta e di conoscenza. E, qualche anno dopo, il mondo si emozionò anche per conto di Kennedy che non poté assistervi, nel vedere la prima impronta d’uomo sulla luna. “Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità”.  Lo spazio è ancora una nuova frontiera. Di business. Alla fine dello scorso maggio, SpaceX, una delle società del multimiliardario sudafricano Elon Musk, ha lanciato i primi 60 satelliti, dal peso di 227 kg ciascuno, che andranno a comporre entro il 2020, cioè domani, la costellazione Starlink. Una costellazione di 12.000 satelliti che graviteranno a un’altezza compresa tra i 340 e i 1150 chilometri dalle nostre teste. L’obiettivo dichiarato è di riuscire a portare la connessione Internet a basso costo anche nelle aree più remote del mondo, a tutt’oggi non ancora servite. Uno scopo nobile in ottica di digital divide e di pari opportunità di sviluppo per i popoli. Un vero problema per gli scienziati che negli osservatori astronomici sono impegnati nell’ascolto e nell’osservazione del cielo poiché questi satelliti sono luminosi, ognuno di essi ha un pannello solare che raccoglie la luce del sole e la riflette verso la terra, e sono potenzialmente in grado di cambiare l’spetto naturale del cielo con la propria scia luminosa e con le proprie frequenze radio. Questa sorta di “Bene maggiore” a cui Musk ha fatto riferimento rispondendo su Twitter alle critiche avanzate dalla comunità scientifica astronomica mondiale, potrebbe portare alla sua azienda, a detta del CEO di SpaceX, decine di miliardi di entrate ogni anno. SpaceX non è il solo interessato al business. In Amazon si stanno affrettando a entrare in questa corsa che le vede già in svantaggio rispetto alla concorrenza. Il colosso di Seattle ha infatti appena chiesto alla Federal Communications Commission (Fcc) degli Stati Uniti, il permesso per il lancio in orbita di 3.236 satelliti come parte del progetto Kuiper. Nella documentazione si legge che i satelliti saranno posizionati ad altezze comprese tra 590 e 630 chilometri, allo scopo, anche in questo caso, di offrire connettività a banda larga nelle zone rurali difficili da raggiungere. Di questo progetto al momento non si conoscono né tempistiche né costi né benefici attesi. Quel che sappiamo è che il business è enorme e che non sarà di certo lasciato a soli due contendenti. Quel che sappiamo, di conseguenza, è che il cielo cambierà aspetto ai nostri occhi. Da punto di riferimento le cui profondità e vastità oltre le stelle visibili ricordano a ogni uomo che siamo tutti parte di un insieme molto più grande, diventerà un orizzonte artificiale che ci chiuderà in una confort zone in cui sentirci tutti meno vulnerabili.