La blockchain funzionerà, ma serve una rivoluzione responsabile

Lo scorso 17 ottobre ho partecipato al primo evento italiano dedicato alla sperimentazione di Corda, l’applicazione blockchain open source realizzata da R3, il consorzio internazionale di istituti bancari (fra cui Mediolanum) che si occupa proprio dello sviluppo di questa applicazione. Pur non essendo un tecnico, ho voluto aprire la giornata di lavori perché mi sembrava utile fornire a tutti i partecipanti alcune suggestioni, alcune anche provocatorie, che mi parevano essenziali per proseguire in modo proficuo.


La mia piccola provocazione partiva infatti da un concetto abbastanza semplice: come affermava Bill Gates già alla fine degli anni Novanta, “le banche non servono, quello che ci serve è il banking”. A essere utile è invece tutto il sistema del banking. Parafrasando una nota pubblicità di orologi, “in teoria le banche non dovrebbero essere delle software company”. Invece lo sono, anzi lo diventeranno sempre più nel prossimo futuro. È quello che d’altronde ho imparato quando ho incontro nel 2014 il Dalai Lama: “Non esistono persone nate sotto una buona o cattiva stella, solo persone che sanno o non sanno leggere un cielo stellato” è una delle sue frasi più famose. Il cielo stellato, per continuare a usare questa metafora, è la blockchain: esiste già tutto, le potenzialità sono di fronte a noi, basta saperle interpretare e soprattutto interpretare i bisogni a cui dovrebbero rispondere.

Filosofi, scienziati, economisti e artisti sono tutti d’accordo: più che di fronte a un’epoca di cambiamenti siamo sull’orlo di un cambiamento d’epoca, all’indomani di un’evoluzione sostanziale dell’uomo. La blockchain è un’esasperazione in senso positivo di tutti i motivi di evoluzione che caratterizzano i nostri tempi. A me piace paragonarla al fuoco o alla ruota: scoperte e innovazioni che non solo hanno cambiato la vita dell’uomo (permettendo di creare comunità e commerci), ma hanno fatto progredire la specie. Allo stesso modo credo che la blockchain abbia la stessa portata rivoluzionare ed evolutiva: quello che ne faremo impatterà non solo sul pianeta, ma anche sull’economia e sulla nostra vita.

D’altronde i megatrend che caratterizzeranno i prossimi anni, per portarci fino a traguardi importanti come il 2020, il 2030 o il 2045, sono ben delineati. Da una parte la demografia: vivremo in un mondo sempre più affollato, in cui imparare a stare insieme con persone che prima ci sembravano lontane e diverse sarà fondamentale (e la blockchain non è forse un sistema di mettere insieme due individualità con qualcosa da condividere?). Poi c’è l’ambiente: nel 2030 arriveremo a finire le risorse annue a disposizione del pianeta già nel mese di giugno, per il resto dovremo vivere “in riserva”. Infine ci sono tutte le innovazioni tecnologiche, dai device interconnessi alla realtà aumentata, passando per il commercio dei dati, dei nostri dati.

Cosa ci dicono tutte queste tendenze? Che il mondo cambierà, così come cambierà il nostro modello cognitivo e soprattutto il modo in cui cresceranno (e consumeranno) le prossime generazioni. E quindi qui si pone un dilemma sostanziale: “La velocità non fa la differenza se si va nella direzione sbagliata”, diceva il Mahatma Gandhi. Ed è proprio questo il punto: siamo sicuri che stiamo guidando il nostro mondo, che va a una velocità sempre più spedita, nella direzione giusta?

Basta citare un solo dato: l’1% della popolazione mondiale detiene la stessa ricchezza del 99% del resto degli abitanti del pianeta. Se a questo aggiungiamo che il sistema bancario vive una crisi di fiducia e di aspettative, soprattutto da parte delle nuove generazioni (i cosiddetti millennial), senza precedenti, capiamo bene che la direzione in cui stiamo andando non può che essere davvero rischiosa. Per citare Einstein, “che strana l’umanità, che ha saputo dividere l’atomo ma non il pane”. Ecco, perché non iniziare a pensare che la blockchain debba facilitarci non solo nella condivisione di transazioni e valore ma anche nella condivisione del pane?

Ripeto, la mia è una provocazione eppure può essere un motivo di riflessione cruciale: l’etica, i valori e i comportamenti responsabili saranno i driver che cambieranno radicalmente l’industria finanziaria e da essi bisogna ripartire per ricostruire un patto di fiducia che si è infranto negli ultimi anni. In altre parole è necessario utilizzare anche i nuovi strumenti come la blockchain facendoli passare attraverso il filtro della sostenibilità. Pensiamo a ciò che ci ha insegnato la fisica quantistica: prima che il Big Bang creasse il mondo, c’era una sola unità ma oggi i quanti ancora si comportano come se facessero parte di quell’indistinguibile uno. Perché la blockchain non può aiutarci a ristabilire quell’unità? È un salto culturale fondamentale ma solo così sarà possibile una vera evoluzione, che sarà un’evoluzione delle coscienze. Per questo quello che dico è: qualsiasi cosa sappiate della blockchain, pensatela al contrario.